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divani in viaggio
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Taranto, anni '70- giorni nostri.
Raffaele Cataldi nasce nel 1971 a Taranto, dove vive ancora oggi. Un bambino come tanti, la passione per il pallone, l'amore per la sua terra, l'idea di giustizia profondamente radicata in sé. Sono gli anni '90 quando inizia a lavorare all'ex Ilva di Taranto, una delle più grandi acciaierie in Europa. Fin da subito capisce che è un ambiente ostile, irrispettoso per la salute e la dignità dei lavoratori. Raccontare la sua storia, quella dei colleghi rimaste vittime sul lavoro, quella dei giochi politici a favore degli industriali, gli fa venire il malesangue.
Come tanti colleghi ha subito incidenti sul posto di lavoro, è stato intimidito, invitato a tacere e non pretendere condizioni di lavoro eque e dignitose, eppure Raffaele non si è mai fermato.
Insieme ad un comitato ha portato avanti la sua lotta, che in realtà non è solo sua, perché riguarda una città intera, uno stato intero.
Una città avvelenata dalle sostanze dell'ex Ilva, dove l'incidenza tumorale è altissima, dove l'ambiente è stato danneggiato e moltissimi lavoratori trattati come se la vita umana non avesse alcun valore.
È per questo che Raffaele si è messo in moto, ha persino organizzato insieme a tanti altri un concerto dell'Uno maggio, Libero e Pensante per dare voce a una realtà che riguarda tutti.
Un racconto amaro di solitudine e denuncia.
“Tutto nel nostro paese si muove intorno ai soldi: nella lunga, complessa, intricata vicenda Ilva c’è chi è arrivato addirittura a giustificare le morti in azienda in funzione del Pil (…). Tutto viene giustificato: dagli incidenti sul lavoro alle malattie, fino alle morti in fabbrica”.
Malesangue. Storia di un operaio dell’Ilva di Taranto di Raffaele Cataldi
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